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Vieni. Cammina fin qui, dove le colline ascoltano tutto

di Monica Mazzucco
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Sono il Santuario della Madonna del Buon Consiglio, a Castiglione Tinella

Mi trovo tra la Bassa Langa e il Monferrato, in frazione Balbi, dove le vigne tratteggiano la terra.

La mia storia ha inizio lontano: in Albania, a Scutari, nel cuore del Quattrocento. Là, sul muro di un altro santuario, viveva un’icona affrescata: un volto dolce, sereno, materno. Era la Madonna del Buon Consiglio, rifugio e conforto di tante anime stanche del male. Rimase lì finché, nel 1467, vennero i turchi e, con la furia nera che appartiene ad ogni guerra, devastarono ogni cosa. Anche il santuario. Ma l’icona… no.

Due soldati la videro staccarsi dal muro e attraversare il cielo, come sollevata da un respiro divino, sorretta – dicono – dagli angeli. Sorvolò mari e terre e giunse, il 25 aprile dello stesso anno, a Genazzano, vicino a Roma. Apparve sulla parete di una cappella costruita da una vedova, Petruccia, che aveva consacrato tutta la sua vita alla speranza.

our lady of good counsel shrine – Genazzano – Lazio, Italy

Fu da lì che la fama di quell’icona sfuggita alla guerra viaggiò di paese in paese, più veloce delle carrozze. E arrivò fin quassù, dove oggi sono io, a Castiglione Tinella. Da qui, infatti, nel 1470 partì un pellegrinaggio. Tra i fedeli c’era un bracciante, Olivero Ghiga, che si innamorò di quell’icona e ne fece una copia. La portò qui, collocandola su un pilone votivo, tra le vigne e i filari.

Cinque anni dopo accadde qualcosa che nessuno dimenticò. Una giovane, Anna Balbi, cieca dalla nascita, disse di aver udito una voce… una “chiamata”. Si recò davanti al pilone e lì… vide. Vide con i suoi occhi il volto dolce della Madonna del Buon Consiglio, poi i bordi delle forme, i colori della terra che conosceva.

Per secoli, i devoti si raccolsero attorno a quell’icona con candele, canti, richieste. E quando la siccità colpì le campagne, fu lì che venne chiesta la Grazia. E la Grazia arrivò: fu la pioggia più lunga e benedetta di sempre.

Si decise allora di abbandonare la provvisorietà delle cose piccole. Serviva un luogo sacro, grande e sicuro, per accogliere fedeli e pellegrini. Al posto del piccolo e miracoloso pilone, esposto ai venti e alle piogge, iniziarono a costruirmi. Era la fine del Settecento. Aprii le mie porte nel 1838.

Sono fatto di mattoni, di speranza, di preghiere.

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