- MUDI Alba
- Sistema Culturale Diocesano di Alba
La signora seduta è la madre di famiglia, tra i bambini c’è il fratello maggiore.
Nella fotografia di gruppo si vedono da sinistra il padre, la madre, una sorella, Francesca e Candida Pagliasso e infine un’altra sorella.
Le due giovani sono Francesca e la cugina Ottavia, una famiglia della storia della Valle Sanche nel Roero.
L’economia dei paesi del Roero nei primi del Novecento si basa sulla piccolissima proprietà contadina a conduzione familiare, all’interno della comunità-paese, è un’economia centrata sull’autoconsumo.
La vita è molto dura, per tutti, ma forse di più per le donne.
Le madri di famiglia lavorano in casa e nei campi, non escono quasi mai, neanche a fare la spesa: a comperare va, in genere, il padre. Hanno numerose gravidanze e non sempre vedono crescere i loro figli: il parto in casa col solo aiuto dell’ostetrica presenta a volte difficoltà non risolvibili coi mezzi di cui si dispone ad inizio Novecento. La mortalità infantile è molto alta e in ogni famiglia si contano morti precoci di bambini e neonati.
Nostra mamma ha avuto dieci gravidanze, anche se poi siamo rimasti solo in sei” testimoniano le sorelle Candida e Francesca Pagliasso, che all’epoca erano bambine in Valle Sanche.
Le donne, sempre col grembiule, sempre affaccendate: a fare il pane col lievito madre una volta la settimana, a filare la lana di pecora per confezionare con i ferri maglie e calze per l’inverno, a cucire la canapa per fare le lenzuola.
Le nostre tre famiglie andavano a cuocere il pane a Borbore, nel forno di un privato. Per il trasporto si usava il biroc, un carretto con le stanghe, a trazione animale.
Al mattino, prima di partire per il lavoro nei campi, dove uomini e donne lavorano insieme, la madre di famiglia mette su il minestrone e prepara l’occorrente per il pranzo. Tocca alle donne fare il bucato. Sono fortunate se hanno il pozzo in cortile, in tal caso vanno al rio solo per fare la lesia, ossia per lavare le lenzuola. Nelle immagini d’epoca non è difficile vedere raffigurate donne inginocchiate su una pietra in riva al rio, mentre sciacquano nella fredda acqua del fiume le pesanti lenzuola o le strizzano, magari in due, ai due capi del lenzuolo. Non mancano le bambine, spesso accanto alla madre di famiglia, a lavare piccoli stracci o fazzoletti ma anche a giocare rincorrendosi all’aria aperta.
Per le bambine è normale lasciare i giochi e aiutare in casa.
Eravamo contadini: tutti lavoravano in campagna. Anche mia mamma. Io che ero la terzogenita, restavo a casa a guardare le sorelle più piccole… Tutte le bambine dovevano imparare a cucire. Io ero andata dalle suore a Vezza per imparare a ricamare.
Vanno a scuola, magari solo fino alla terza elementare, i maschi in genere arrivano alla quinta. La scolarizzazione è sì un diritto, ma non sempre le famiglie mandano i figli a scuola: colpa della povertà prima di tutto e dell’ignoranza poi. Francesca, la sorella più grande ha studiato fino alle Terza elementare.
Il parroco, don Augusto Vigolungo (parroco di Vezza d’Alba dal 1898 al 1941) insisteva sempre con i genitori, perché mandassero i figli a scuola. Io che sono più giovane, sono andata a scuola un anno in più, testimonia Candida.
La differenza di genere ad inizio Novecento è marcata: i compiti delle donne erano specifici e riguardano tutta la sfera domestica, cui si aggiunge il lavoro nei campi. Solo nel dopoguerra arriverà la lavatrice, l’invenzione più bella per le donne di allora, più del frigorifero… anche perché non si hanno poi così tante cose da conservare.
Io ero incinta delle gemelle quando mio cognato, il capofamiglia, è andato a comperare la lavatrice: era bravo e aveva capito che non riuscivo più a chinarmi per lavare”.
La comodità più grande sarà il bagno in casa, con l’acqua fredda che esce dal rubinetto!
Molte cose sono cambiate oggi, a cent’anni da quei fiocchi rosa di inizio secolo per chi nasce donna c’è ancora parecchia strada da fare, in tutto il mondo.
Nel Roero, nel periodo tra le due guerre e subito dopo, terminata la scuola, molte bambine, vanno a fare la serventa: piccole collaboratrici non solo nel lavoro domestico.
Interessante è la testimonianza:
Io, verso i 9-10 anni, sono andata da serventa a Bra. Facevo la babysitter e aiutavo in un negozio di scarpe. Vivevo nel retrobottega, senza luce e senza stufa. Non sono mai venuta a casa per tutto l’inverno. Avevo sempre freddo perché non vestivo a sufficienza. Una volta alla settimana, il venerdì, passava in negozio una zia a salutarmi. Per fortuna c’era un signore, parente della padrona, che a volte, al mattino mi comprava una brioche perché gli facevo pena. A Bra sono rimasta solo un inverno.
Sono tempi durissimi e nelle borgate la gente si aiuta: è un modo per affrontare i problemi, a volte per sopravvivere. Quando la madre di famiglia si ammala le donne delle famiglie vicine fanno i turni di assistenza, di notte, al capezzale della malata e si occupano dei bambini piccoli. Si crede che tutto ciò che accade venga da Dio: le malattie, come la grandine sono viste come un castigo di Dio. Anche la povertà è accettata come volere divino. È forte la fiducia nella protezione della Madonna e dei Santi che vengono continuamente invocati. Quando poi, nel pieno dell’estate, arrivano i temporali e la grandine, è una vera tragedia per l’economia contadina, le donne radunano i bambini, tutti vicini vicini e spaventatissimi, e con loro recitano tante Ave Maria o l’intero rosario finché il temporale non passa.
A proposito di preghiere:
ricordo che tutte le domeniche, da maggio a settembre, si diceva il rosario sempre, dopo cena. In certi periodi dell’anno si faceva la Via crucis. Erano delle donne, laiche, a guidare la preghiera, aiutandosi con un libro.
La fede semplice e sincera e il lavoro costante aiuta tutti, non solo le donne a vivere.
Questa breve storia nasce dal meraviglioso racconto di vita di due testimoni del Roero, due fiocchi rosa del Novecento: Francesca Pagliasso, nata a Vezza d’Alba nel 1928 e la sorella Candida nata nel 1934.
DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO
R018, 5 marzo 2020, Monteu Roero