Cantar maggio
Cantar maggio ha antichissime origini e libera energie primaverili in chi festeggia con l’usanza della questua delle uova, il piantamento del pino e le danze della notte.
Cantar maggio ha antichissime origini e libera energie primaverili in chi festeggia con l’usanza della questua delle uova, il piantamento del pino e le danze della notte.
Il ritrovamento di un affresco nella parrocchiale di Corneliano diventa l’occasione per dare vita ad un quadro vivente che permane nella memoria collettiva cornelianese e si inserisce in una tipica tradizione del Roero.
Il Roero è terra che possiede tradizioni e costumi tali da fare spettacolo. Tra queste i quadri viventi, attestati a Piobesi d’Alba a partire forse dagli anni ’50 del Novecento e diffusi poi in molti altri luoghi e tempi del Roero.
Cacciatori di ragni e attori a tempo perso alzano il sipario di un piccolo teatro di legno nato nel 1912 all’interno del circolo di Santa Vittoria d’Alba. Sull’onda ispiratrice di Don Bosco, in piena età giolittiana, il teatro è animato dalla comunità locale.
È caro a intere generazioni di cittadini. È conosciuto nella memoria locale più recente come l’oratorio ma prima si chiamava, non a caso, il circolo. Nella parlata dei più anziani è detto‘u Circul a dimostrazione della destinazione polivalente della struttura, che poteva anche
distaccarsi dalle classiche riunioni di carattere confessionale.
La storia in prima persona del Gruppo Spontaneo Maglianese, un gruppo noto e riconosciuto per aver riscoperto canti, tradizioni popolari contadine e cultura locale. In questo racconto si scopre la forza creativa e l’amicizia che ha dato vita a meravigliose iniziative di comunità, solidarietà e cultura del Roero.
La storia di una tradizione ritrovata verso la metà degli anni ’60 del Novecento. “Cantè j’euv” (Cantare le uova) è parte dei festeggiamenti pasquali di quasi tutti i paesi del Basso Piemonte e unisce socialità, musica e gusto.
La collezione di video-racconti e testimonianze ricostruisce la memoria della vita delle compagnie e confraternite di Guarene nel Novecento, in relazione al mutare e all’evolvere della cultura della comunità e in relazione alla principale fonte di sostentamento: l’agricoltura.
Le battute e le avventure di quattro guerrieri della fantasia, le maschere originali del carnevale di Monticello d’Alba: Vigio Cobiabròpe, Steo Paracher, Ghita e Catlina sono ricostruite con l’aiuto di Elio Stona. Una breve storia d’ironia e folklore, con un pizzico di verità su come uomini e donne hanno vissuto nel Roero negli anni ’70 del Novecento, scossi da nuove idee, relazioni sociali e consumi.
In dialetto si dice Gran Carlevé ‘d Muntisel, tradotto Grande Carnevale di Monticello, una festa popolare di successo, amata, frequentata, ricordata per i sapori, le risate, l’atmosfera, il folklore e l’originalità delle sue maschere storiche.