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Chiesa e scuoletta di Madonna Del Guado a Vezza d'Alba in frazione Sanche

La ragazza vestita di bianco è Candida nel giorno della sua prima comunione. L’edificio è la chiesa di Madonna del Guado con la scuola a fianco, in frazione Sanche a Vezza d’Alba.

Lettera delle nonne

Cari bambine e bambini di oggi e di domani, di paesi e religioni diverse,

io sono Candida e ho 87 anni e lei è Francesca, mia sorella che ha 93 anni. Siamo state bambine anche noi, proprio come siete bambini voi. Non c’è nessuna differenza, a parte i tempi.

A voi, ad esempio, quando sta per nascere un fratellino o una sorellina, raccontano di api e fiori, alla vostra mamma, probabilmente, di cavoli e cicogne, a noi di una borsa grande e lunga da cui si tiravano fuori i bambini. Era quella di una signora che poi abbiamo scoperto essere l’ostetrica.

Ho visto sul giornale che una bambina fà didattica a distanza su un banco tra le caprette al pascolo, vicino al suo papà che fà il pastore. È molto più fortunata dei suoi compagni!

Si sa, i bambini stanno bene con gli animali.
Ricordo quando mia sorella Chiarina, verso i quattro anni, è stata male. Avevamo una capra che aveva fatto un capretto e lei voleva andare a vederlo, ma era troppo debole per scendere dalle scale. Allora nostro padre ha preso in braccio il caprettino appena nato e l’ha portato su, al secondo piano, perché potesse vederlo e accarezzarlo.

Voi, bambini di oggi, da troppo tempo siete costretti davanti a un computer, in dad, da soli.

Noi siamo state bambine nel Roero, a Vezza d’Alba nella frazione Sanche. Abitavamo vicino alla chiesetta della Madonna del Guado e andavamo a scuola proprio lì, nell’edificio a fianco, quello con la porta di legno grigia. C’era una parte vecchia della scuola, sopra la sacrestia, e una parte nuova, sopra l’arco. Oggi anche la parte nuova è diventata vecchia ed è abbandonata.

Se passate da quelle parti chiudete gli occhi e immaginate com’era.

Eravamo in venticinque, di classi diverse, tutti in una stanza unica. Oggi le scuole sono troppo spesso vuote, per il Covid. Diamoci da fare tutti, noi e voi, perché i bambini di oggi e di domani stiano con i compagni in edifici vecchi o nuovi, con orari lunghi o corti, con i banchi con le rotelle o senza.

Noi avevamo i banchi di legno a due posti, con il calamaio in mezzo. Quattro ore di scuola al mattino e due al pomeriggio.

A volte la maestra arrivava in anticipo e ci faceva giocare, prima dell’inizio delle lezioni. Era una maestra giovane. Ho un bel ricordo di lei, anche se non so più come si chiamava. So che era figlia dell’avvocato di Vezza d’Alba. Era severa ma gentile, non autoritaria. Non ci puniva mai con la bacchetta, facendoci mettere le mani sul banco, come si usava allora, ci sgridava e basta. Non andava nemmeno dalle mamme a lamentarsi quando qualcuno si comportava male. Tutto rimaneva tra noi. Di maestre brave ce ne sono tantissime! Quando sarete adulti e avrete delle responsabilità, ricordatevi delle vostre maestre, magari anche del loro nome.
Ricordo gli scherzi dei maschi: ci riempivano gli zoccoli di neve e tornavamo a casa con i piedi ghiacciati.

E i litigi, anche pesanti, con lanci di pietre tra  i ragazzini delle frazioni di Sanche e Valmaggiore!

Già allora era difficile accettare lo straniero.

Ricordo il cortile della nostra casa dove ci trovavamo a giocare tra fratelli e cugini vicini d’età.

Vi affacciavano tre case, la nostra e quelle degli zii e con le loro mogli e i figli. In tutto c’erano sei genitori e quindici figli.  Era grande e spesso venivano a giocarvi anche altri bambini della nostra età, che provenivano dalle famiglie vicine. Per tutta l’estate noi bambini mangiavamo lì, in cortile, seduti sulla riva di accesso alla strada.

Se c’è una cosa che sarebbe da consegnare ai bambini di oggi e di domani è proprio quel cortile che, come la scuola, oggi è abbandonato. Noi lo abbiamo avuto un posto così e, anche se la vita era dura, il cortile era bello.

Invece voi oggi avete una cosa che a noi è mancata: in molti paesi, non in tutti, non c’è differenza tra i bambini e le bambine. Per noi due, che eravamo bambine, i giochi duravano poco, meno che per i maschi: appena eravamo in grado di svolgere dei compiti dovevamo aiutare in casa.

I nostri genitori allevavamo i bachi da seta che erano molto preziosi e li tenevamo nella stanza dove dormivano. Dai bozzoli si ricavava il filo di seta con un lavoro molto impegnativo e faticoso e noi davamo una mano. A mezzogiorno, quando i nostri lavoravano nei campi lontano da casa, noi bambine andavamo a purté disné: portavano il baracchino con il minestrone caldo. Non era una cosa facile, a volte il terreno era scivoloso e i sentieri sulle nostre colline piuttosto ripidi.

Se veniva la grandine, per un po’ di giorni vedevamo i nostri genitori molto tristi. Poi però se ne facevano una ragione e si ricominciava. Questo è il bello della vita rurale: con ogni raggio di sole, primavera e goccia d’acqua la vita ricomincia. E questo è vero sempre, non solo per la vita in campagna.

La scuola è ancora lì, anche se abbandonata. La casa, che è andata ai cugini, fino a pochi anni fà era abitata dai nipoti, ora è disabitata. Il cortile è vuoto! Sono molte, qui intorno, le case vuote. E nelle nostre vallate c’è molta terra incolta. È terra buona!

Chissà se qualche bambino di oggi o di domani in futuro verrà a lavorarla…

Candida e Francesca


 

Si ringraziano Francesca e Candida Pagliasso per la testimonianza e le immagini fornite.

La dolce lettera di due sorelle che condividono la loro infanzia e le loro radici nel mondo rurale del Roero con i bambini di oggi e di domani.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R017, 5/03/2020, Monteu Roero

Roero Coast to Coast

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