- MUDI Alba
- Sistema Culturale Diocesano di Alba
Sul tavolo un esemplare di Charonia forata, una conchiglia del Mediterraneo tramandata di generazione in generazione nel Roero.
Generazioni diverse di suonatori di conchiglie di Castagnito.
Sullo sfondo il panorama di Castelverde.
Un mollusco cresce sul fondo del mare, si avvolge in una lunga spirale con le pareti di madreperla e si lascia cullare dal Mediterraneo da migliaia di anni. L’uomo, il fato o le correnti marine ne rapiscono lo scheletro e lo trasformano in un prezioso strumento della terra.
Un uomo preistorico ne fora la punta e soffia nello scheletro, si genera un suono profondo che si propaga nell’aria per grandi distanze.
Un guerriero etrusco suona per incitare i compagni in guerra.
Un pensatore greco chiama lo strumento tromba tirrenica, per evocare i suoni che annunciano la battaglia contro i Tirreni, popoli non greci.
Durante un temporale uno sciamano soffia nella conchiglia cresciuta nel mare per chiedere agli spiriti acquatici di frenare la tempesta e scacciare le paure.
Un pastore meridionale usa lo stesso strumento per comunicare gli spostamenti destando l’attenzione degli animali, un marinaio lo usa come sirena per un’altra nave, un lavoratore chiama a raccolta altri lavoratori.
Un montanaro smarrito attende il richiamo della cornassa per tornare a casa tra le vette piemontesi.
Un giovane delle valli Varaita, Stura o Bronda soffia nella conchiglia per augurare fertilità agli sposi durante il corteo nuziale, quando l’uomo è anziano o vedovo e prende in moglie una ragazza più giovane.
Un contadino della val Bormida, in Langa, fà suo lo strumento per avvertire in caso di ondata di piena, incendio o furto.
A Cortemilia chi non ha ricevuto la restituzione dell’invito al matrimonio si fà beffa degli sposi novelli suonando le conchiglie insieme ad altre percussioni nelle Ciabre (chiassate): il suono si propaga da cascina a cascina, per più notti, finché gli sposi novelli non si decidono a inviare vino o ad invitare per la cena.
La seconda vita avuta dallo scheletro del mollusco sulla terra esaudisce desideri e risolve problemi degli uomini da migliaia di anni, ma oggi è a rischio di estinzione. È custodita da alcune comunità, come quella del Roero e dagli abitanti di Castagnito a cui, recentemente, si sono aggiunti quelli di Castellinaldo d’Alba.
Le conchiglie più antiche sono ancora trasmesse di padre in figlio e sono suonate in primavera durante la Settimana Santa. Il sabato a mezzogiorno salgono sul bricco più alto per un’unica suonata tutti insieme: il rito dei suonatori di conchiglie del Roero.
Un padre mette sul tavolo la sua conchiglia a fianco alle altre bianche e rosa con forme e suoni diversi e tramanda al figlio ciò che lui stesso ha ricevuto da suo padre. Lo racconta se ha potuto tenere vivo quel dono, se non è stato uno dei tanti padri che ha perso le radici rurali per necessità, ricominciando tutto in un’altra città, negli anni del dopoguerra.
Fino agli anni ’60 un giovane saliva in cima a Castelverde per i tre giorni in cui, per la tradizione cristiana, Cristo è morto in croce ed è sepolto: dal giovedì fino alla domenica, quando risorge. Le campane di Castagnito, e di moltissimi altri paesi del Roero, erano “legate” in segno di lutto in quei giorni. In piedi sul bricco suonava la conchiglia per scandire le ore che il campanile non diceva. Chi era al lavoro sulle colline tutt’intorno, sentendo il richiamo, sapeva che poteva fermarsi perché era mezzogiorno o, all’imbrunire, perché la giornata era tramontata. Gli facevano eco altri suoni, altri suonatori in piedi a soffiare da altri bricchi, mentre i loro cari erano fuori nei campi. Da Castagnito si sentivano le sonate di Vezza d’Alba, Guarene, Castellinaldo e Magliano, mentre da Cisterna provenivano suoni di corni.
Nel 1978 alcuni amici si ricordano di aver ereditato una conchiglia in cui soffiare e riprendono la tradizione. Si rende necessario chiedere al mare altri scheletri di Charonia da forare, perché hanno suscitato interesse e attirato nuovi suonatori a Castagnito. Negli anni ’90 la Pro Loco aggrega intorno alla riscoperta anche ragazze, donne e persone di tutte le età.
Al risveglio della terra in primavera a Castagnito ogni anno qualcuno spinge le labbra in fuori e soffia nella conchiglia dal fondo del petto. La nota profonda che ne esce risuona tra i rami degli alberi e fà muovere nuvole di uccelli sulle colline. Qualcun’altro accanto risponde, magari è un bambino che prova per la prima volta a farsi sentire per chilometri e chilometri, soffia in quello strumento antico che sembra la zanna di un animale preistorico e impara a custodire un dono remoto.
Si ringrazia Luigi Allerino per la preziosa testimonianza fornita e per aver riscoperto e studiato questa antica tradizione mettendola a disposizione di tutti.
Le immagini storiche sono gentilmente concesse dall’Archivio fotografico storico Castagnito.
DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO
R019, 24/03/2021, Castagnito