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La vigna Ciabòt a Monteu Roero
Boschi del Roero

La vigna Ciabòt e il castagno gigante di Monteu Roero con i protagonisti di questa fiaba.

il castagno gigante di Monteu Roero

Essere universali

Il bello è universale dice la rosa selvatica all’ape che le ronza intorno, pensando a sé e al futuro. Il vento di Foehn raccoglie le parole del fiore, soffia sul prato e sfiora i coppi vecchi del ciabòt. Le parole fanno un giro nella vigna di Arneis e lì accendono un dibattito al calar del sole.

 

Il ragno gigante attraversa veloce i filari su traiettorie sicure e pensa che tra le parole bello e universale bisogna scegliere. Fermatosi vicino al tronco provoca la discussione chiedendo se siamo liberi di vivere in questo paradiso perché siamo belli o perché siamo universali? Lui la pensa così: perché siamo universali. Fine della discussione.

 

Quelli d’accordo con il ragno sono: le viti anziane, i fossili marini abbracciati alle arenarie, le argille gialle che il Tanaro ha esposte al sole scavando con la testa, i lombrichi indaffarati a formare l’humus per la vigna, i filari gialli di colza, quelli azzurri di facelia, quelli rossi e bianchi di piselli fioriti…

 

Le più giovani tra le bartatelle fanno capolino dalla terra in attesa di sentire le viti anziane rispondere al ragno gigante. Sono pronte per ascoltare la storia di come siamo diventati tutti universali, senza aver capito bene cosa vuol dire essere universali.

 

Le anziane anziché raccontare tutto dall’inizio, come piace alle giovani, attaccano dalla vicenda dei capannoni: una volte le cantine erano tutte scavate nella terra! Le arenarie – che sanno come si conserva il vino – confermano. Nessuno si sognava di fare dei capannoni di cemento al posto dei prati.

 

Il gufo sembra indifferente ma non è così, vede le barbatelle agitarsi confuse e con spirito quieto le intrattiene con la lezione completa. In tutta l’Italia ci fu una cosa che gli umani chiamarono boom, suona come una cannonata e invece fu una corsa ai ripari dopo la guerra. Dalle due guerre mondiali ereditò il suono della parola. Sotto le bombe si ruppero famiglie, amicizie e cose, uomini di paesi diversi furono l’un contro l’altro e tutta l’umanità, quando è in guerra sfrutta o abbandona la terra anziché curarla. Con il boom si misero tutti a costruire qui e là e, per fare un po’ di ordine, inventarono i criteri urbanistici. L’urbanistica è la materia che gli umani usano per dire cosa costruire, come e dove. Per fortuna noi animali non abbiamo una legge simile… Dio ce ne scampi! È una materia complicata e basata sugli standard che, per chi non lo sapesse, sono la misura dei diritti di spazio cittadino di ogni umano, in barba a noi fauna e flora. In ottemperanza o in deroga agli standard di tanti posti belli si è consumato troppo suolo, si è fatto tabula rasa del genius loci e… Non è il caso del Roero però. Infatti qui siamo universali e altrove no… perché altrove è ormai troppo tardi mentre noi siamo in tempo a preservare un equilibrio tra natura, cultura e umanità.

 

Il ragno gigante torna indietro sui suoi passi e, salito sulla barbatella di Arneis più rigogliosa, borbotta… infatti… girando per il mondo, ho scoperto che noi qui nel Roero viviamo in un paradiso terrestre. Se non preserviamo questo patrimonio, cosa lasciamo ai nostri figli? Solo capannoni? Ne sono stati costruiti troppi: spesso sono vuoti. In questo momento di crisi degli umani non valgono più nulla! Per me – che sono un ragno – i capannoni vuoti… non danno la felicità, anche se posso stendere tela come mi pare, indisturbato.

 

Le viti anziane sogghignano, perché loro lo avevano già detto, con grazia e gentilezza, ai vignaioli e ai sindaci: non solo il tempo dei capannoni è finito… è scaduto anche il tempo dell’uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici, basta con lo sfruttamento intensivo! Noi non ci stiamo più. La tecnica agricola del sovescio ci sta bene. Datevi da fare con la semina dei fiori e il ripopolamento delle api. Siamo pronte per l’ecosostenibilità, ormai siamo “universali”.

 

Le bartatelle, sempre senza aver capito bene cosa sarà mai questo essere universali, fanno eco alle grandi cantando universali, universali, universali…insieme alle rose canine, le orchidee spontanee, il gufo e il ragno gigante.

 

Un rivolo di vento svolta verso sud e scende nel bosco fino alla radura del castagno grande, posando sulle sue radici quella parola. Il vecchio colosso, consapevole di essere universalmente protetto, di essere parte del patrimonio Universale tutelato dall’UNESCO e di avere un eccezionale valore (a causa del quale migliaia di piedi umani calpestano spesso la sua radura per vedere il suo straordinario tronco, aumentando involontariamente le sue ferite) scuote i rami e ottiene il silenzio unito all’ombra di una nuvola.

 

Gufo e ragno gigante, viti anziane e barbatelle, api, lombrichi, arenarie, conchiglie, fiori tutti e rose selvatiche. Conosco tutti i vostri antenati e ne sono lieto, conoscervi è stata la mia gioia, ormai sono molto vecchio e stanco. Umani e bambini, ascoltatemi anche voi.

Sono tempi difficili questi, in cui le culture cambiano rapidamente e le parole sono usurate. Ripongo speranza nelle parole ecosostenibilità e biodiversità. Non smetterò di custodire la parola bellezza, anche se la ritengo troppo sfruttata per avere ancora un valore comprensibile.

Il castagno grande fa un grande respiro, raccoglie tutta la linfa che ha nel tronco e con un debole fiato continua…

Mi sono innamorato… alla mia età!… della parola universale. Deriva dal latino universus, che vuol dire tutto intero. È  composta da unus che significa uno, e versus che significa vòlto, il participio passato di vertere, ovvero volgere, guardare in una direzione. L’etimo di universo mi fa pensare che tutto ciò che esiste sia vòlto tutto in un’unica direzione, che il destino di tutto e di tutti sia comune. Essere radicati in uno stesso terreno, umani, barbatelle, lombrichi, conchiglie, vuol dire essere partecipi di uno stesso destino, di cui, per parte nostra, siamo tutti responsabili. Quello che vi volevo dire è che il bello non è universale, in questi quattrocento anni sono state belle molte cose diverse… ma l’universale, inteso come senso del bene comune, è davvero bello.

 

Dopo una pausa interminabile la nuvola che faceva ombra corre via e il castagno grande saluta tutti gli abitanti delle rocche di Monteu Roero con queste parole.

Care barbatelle, voi siete giovani e avete tutta la vita davanti, vi do il benvenuto nel Roero, avete come guida le viti anziane che sanno come andare d’accordo con le arenarie, il sole e il vento, e care rose selvatiche, siete così belle! Cari lombrichi che fate l’humus naturale, grazie, siete dei piccoli eroi, come i vecchi coppi e mattoni che han saputo rinascere in tante forme diverse senza sgretolarsi sotto le piogge. Ringrazio anche me stesso perché sono rimasto qui fiero così a lungo e saluto il tempo che verrà. Fate il bene comune e sarà un tempo lieto.


Si ringrazia Angelo Negro per la testimonianza sulle tecniche agricole ecosostenibili impiegate nella vigna Ciabòt di cui è titolare e sull’importanza, per il territorio del Roero, di essere patrimonio Unesco. L’azienda ANGELO NEGRO E FIGLI DAL 1670 produce con passione vini di Langa e Roero solo da vitigni autoctoni da più di tre secoli. 

https://www.angelonegro.it/ 

La storia è scritta il 15 giugno 2021, in occasione della giornata mondiale del vento, grazie all’attenda osservazione del Roero e alle testimonianze dei suoi abitanti. Come potete immaginare è tutto vero.


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Una storia di ambiente e paesaggio in cui alcuni abitanti della vigna Ciabòt affidano al vento parole e speranze, consapevoli dell’eccezionale valore del Roero, un paesaggio culturale da conservare nel tempo e trasmettere alle generazioni future.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R039, 11 maggio 2021, Fraz. Sant’Anna Monteu Roero

Roero Coast to Coast

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