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La torre medievale del castello di Santa Vittoria d’Alba colpita da un fulmine. Riccardo, Elisa e Maurizio in cima alla torre dopo il crollo. Foto di Maurizio Sartore.

La torre ferita

Minacciose nubi temporalesche si addensano nel pomeriggio intorno al colle di Santa Vittoria, sospinte da forti folate di Libeccio. In barba alla vecchia diceria se il temporale arriva da Cherasco, non supera il fiume, lo supera eccome, forse per il continuo mutare del vento.

La luce cala in fretta e la gente si rintana in casa in attesa del peggio. Gli animali manifestano un certo nervosismo, l’aria è carica di elettricità e le anziane accendono una candela votiva a chissà quale santo mentre iniziano a snocciolare il rosario.

La luce è saltata, la notte è in anticipo.

In cima al colle la torre illuminata a sprazzi ai quattro angoli è il fulcro di un vortice temporalesco.

D’improvviso una vampa accecante e un gran botto. Buio fino al mattino successivo.

Con le prime luci dell’alba si capisce ciò che nella notte è successo: la tempesta è stata un evento straordinario. Pare che tutta l’energia, accumulata nel pomeriggio del giorno prima, si sia scatenata sul castello in un preciso punto. Un fulmine ha colpito lo spigolo sud-ovest della torre facendolo crollare fino all’altezza delle caditoie. Le macerie hanno mancato per poco l’ulivo secolare ai piedi della struttura.

La notizia circola in paese, molti curiosi salgono in Villa per accertarsi dell’accaduto. Nei giorni seguenti alcuni sopralluoghi dell’Amministrazione di Santa Vittoria d’Alba con i tecnici del Genio Civile decretano che la struttura, benché danneggiata, non sia pericolante. La decisione è di transennare l’area: divieto d’ingresso per noi ragazzi.

Dopo quel crollo ci ritroviamo così confinati fuori delle mura, rimane il solo parco a disposizione per le nostre scorribande. Eravamo soliti andare nel castello quando i chierici del Seminario Diocesano, che vivevano lì in estate, organizzavano spettacoli teatrali all’aperto, cacce al tesoro e altre attività ludiche. Quel grande recente sfregio che un demone potente aveva inferto alla torre durante l’epica battaglia notturna ci aveva chiuso fuori, facendo crescere ancor più in noi ragazzi fantasie fanciullesche e la percezione di un alone di mistero intorno a quel luogo in cui non si poteva più entrare.

Di lì a poco un fatto straordinario cambia drasticamente (e a nostro favore) la situazione.

L’intero complesso del castello passa di mano: è acquistato dai miei zii, impresari edili, con l’intenzione di realizzare una struttura ricettiva. Non poteva capitare occasione migliore! Non è roba da tutti i giorni avere un castello da esplorare senza la paura che qualcuno ti cacci a fucilate, sguinzagliandoti dietro una muta di cani.

La notizia è stata comunicata in pompa magna dai nostri cugini, anch’essi facenti parte della banda, che oramai si sentivano a casa loro. Ci concedono con grande magnanimità l’uso dell’intera proprietà fintanto che non sarebbero iniziati i lavori di restauro.

Una goduria.

Entriamo così attraverso il grande portone in legno dopo aver girato a fatica l’enorme chiave in ferro battuto. Nel viale d’accesso la torre occhieggia dall’alto. Una scarica di

adrenalina scorre nelle vene quando, salendo le scale, sbuchiamo in un salone ancora inesplorato che, vuoto, rimbomba delle nostre voci eccitate. Diventerà la nostra tana nel castello. Arrivati sul lucernario del tetto scopriamo panorami mozzafiato che ancora nessuno aveva visto né potuto raccontare.

Dalla sommità, i danni provocati dal fulmine sono ancora più evidenti: da vicino lo squarcio è enorme e consente di godere, non senza paura, di un’ampia fetta di orizzonte. Ma è ora di tornare sui propri passi e scendere, con fatica maggiore e facendo i conti con le vertigini.

Che sollievo una volta giunti a terra!

 


Si sarebbe potuto iniziare questo racconto con il solito adagio “Era una notte buia e tempestosa…”, memoria di un tempo in cui la sera era in uso radunarsi intorno al tavolo della cucina, al caldo del putagè, ad ascoltare la nonna raccontare le sue storie, intenta allo scapin.

Si rischierebbe però di collocare la narrazione in quell’ambito in cui la realtà fa a gara con la fantasia ad accaparrarsi la parte migliore, magari in un tempo ormai lontano.

Si tratta invece di storia vera e vissuta, soltanto una sessantina di anni fa, in quel periodo della giovinezza in cui tenere a bada la fantasia era affare difficile – quale tuttora rimane.

 

Si ringrazia il testimone del Roero Maurizio Sartore per il suo racconto autobiografico.

 

Dopo il crollo di una parte della torre medievale del castello di Santa Vittoria d’Alba, in seguito ad un violento inaspettato temporale, il maniero viene chiuso. Un fatto straordinario – realmente accaduto – cambierà drasticamente le opportunità di un gruppo di ragazzi di esplorare quel luogo misterioso con le loro scorribande.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R082, 13 dicembre 2021

Roero Coast to Coast

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