- MUDI Alba
- Sistema Culturale Diocesano di Alba
Negli anni ’70 e ’80 del Novecento a Montà la festa di Carnevale e quella di leva dei 18 anni coincidevano. Si faceva un grande falò delle maschere la sera del martedì grasso. Immagini del falò del 1988 (Archivio P. Aloi).
Biancaneve aveva quasi tredici anni e abitava nella via in cui tradizionalmente le maschere passavano la sera del martedì grasso, per andare a finire il carnevale con il falò in piazza. Aveva indossato un costume da Biancaneve molte volte, cambiando materiali e forme a seconda dell’età. Il costume era arrangiato in casa, in una sartoria domestica improvvisata in cui si cuciva e tagliava.
Davanti al portone, prima che i sette nani la raggiungessero, ingannò il tempo cercando di indovinare i volti che si nascondevano dietro le maschere in strada.
Uno era un ragazzo ossuto, con l’abito da sposa che gli andava corto e il velo sul volto, avanzava scomposto sulla carreggiata con l’andatura di una pecora bianca che ha perso il branco, e rideva allegro, incurante delle auto che sarebbero potute passare, ma non passarono. Poteva essere uno della leva, stravolto dalla settimana, all’ultimo giorno di festa, sopravvissuto all’aver dormito fuori casa e vissuto la libertà fino allo sfinimento… ma non aveva il foulard, quindi forse era più grande. Era inseguito da un corteo: un orso peloso tenuto alla catena da un domatore, a sua volta tenuto per le braccia, come un prigioniero, da una coppia di puffi blu tre passi più indietro. Gli ultimi due si riconoscevano, due ragazzoni fuori scala, i gemelli, con berretto bianco, foulard della leva e orlo del pantalone consumato dalla strada percorsa inseguendo i carri. Impossibile riconoscere l’uomo o la donna dietro la pelle d’orso. Chi poteva essere? Chi avrebbe potuto saltare, ballare e abbracciare chiunque in quel modo?… dentro l’orso c’era uno del paese, altrimenti come avrebbe potuto prendersi tanta confidenza con tutti, chi era?
Le amiche travestite da nani erano in ritardo. Quattro maschere con i volti neri di carbone e gli abiti scuri e scuciti si avvicinarono alla casa di Biancaneve. Fecero suonare forte le catene, i coperchi e gli arnesi che avevano in mano. Agitando le braccia in alto bussarono a turno con colpi smisurati e girarono intorno a Biancaneve come lupi, senza dire una parola, per non farsi riconoscere dalla voce. Prima di spaventarsi lei pensò che fossero amici dei suoi genitori e che a breve la porta si sarebbe aperta. Invece successe qualcos’altro. Arrivarono tre dei sette nani, le amiche in ritardo, e la sorpresa creata dalle maschere degli schiavi si sciolse in una gran risata e uno sbuffo di coriandoli.
La porta si aprì e i tre nani, i quattro schiavi e Biancaneve entrarono in casa. Furono risate, scherzi e abbracci tra maschere che scoprirono presto di essere persone amiche. Al caldo della cucina si era svelata l’identità grazie alla voce.
Ripartirono tutti insieme verso il falò nella piazza. Il fuoco aveva già consumato un po’ di tralci di potature delle vigne e fumava scaldando la notte davanti alla facciata della chiesa. Tutti stavano intorno, adulti e ragazzi mascherati, anche i bambini che, con il cappello da cowboy e la pistola ormai scarica, scappavano per evitare le scritte con il pennarello che i più grandi cercavano di fargli sulla pelle.
Un ragazzo e una ragazza della leva andarono al centro della scena, si fece silenzio e si sentì più forte il crepitio del fuoco. Salutarono la spensieratezza dell’essere ragazzi gettando il loro fantoccio nel falò, il fuoco ne fece una nuvola nera. Altri bruciarono le loro maschere e altro fumo salì tra le stelle.
Fu così che il ragazzo vestito da sposa si scoprì il volto. Biancaneve, con i nani tutt’intorno, fece il girò della piazza per capitargli più vicino. Per un momento ne incrociò lo sguardo alla luce delle fiamme. Si ricordò di quegli occhi accesi a diciotto anni, quando fu il suo turno di sentirsi rinascere bruciando il fantoccio nel fuoco di carnevale, e poi altre volte nella vita.
Una voce la chiamò, Biancaneve andiamo che domani c’è scuola.
Fu l’ultima volta che si fece il falò di carnevale nella piazza vecchia di Villa a Montà. L’anno successivo venne ridipinta la facciata della chiesa e il falò fu spostato in un’altra piazza. Quel trasloco forse fece svanire quella tradizione del falò in maschera, che Biancaneve si ricorda e si ricorderà sempre perché fu il sogno di rinascere ridendo.
Questa breve storia è inventata, non ha riferimenti a persone reali, tuttavia la tradizione del falò e delle maschere a Montà è reale, come testimonia la Signora Bertero A. a cui diciamo un sentito grazie.
Si ringrazia P. Aloi per le immagini fornite.
DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO
R027, aprile 2021, Montà