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Il pallino delle invenzioni

Macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche
Targa del macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche
Spazzole del macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche
Bocca d'ingresso del macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche
Foto della famiglia Artusio di Monticello d'Alba
La bottega Artusio a Monticello d'Alba

Immagini del macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche, esposto nel Museo Etnografico di Monticello d’Alba. Giovanni Artusio, detto il tulè’d Muntisel, è la seconda figura partendo da destra nella foto di famiglia. Sul lato sinistro di via Umberto I a Monticello d’Alba si vede la bottega e officina del tulè.

Il pallino delle invenzioni

Molti anni dopo, girando intorno al macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche esposto nel Museo Etnografico di Monticello d’Alba, si sarebbe ricordato dell’uomo con il pallino delle invenzioni, il signore alto con i baffi presso il quale sua madre lo aveva trascinato per mano, dopo una secca sgridata, quand’era ancora un bambinone.

Davanti all’officina, tra i rottami e gli attrezzi sparsi, l’uomo era seduto e, concentrato su un punto, avvitava una targhetta che riportava il suo nome, BREVETTO Giov. Artusio Monticello d’Alba, sul fianco di un macchinario per le cascine, un attrezzo meccanico che aveva brevettato lui stesso, per dare ai contadini del Roero il vantaggio della velocità nella spazzolatura delle pesche.

Gli aveva urlato: Giuanin, rangia! (Giovanni, aggiusta!). L’uomo, che tutti chiamavano tulè’d Muntisel perché era l’idraulico riparatore del paese, aveva alzato un po’ gli occhi, quanto basta per analizzare il grosso triciclo rotto, e aveva risposto di sì, con il tono che si riserva agli adulti, senza dare peso al fatto che la richiesta provenisse da un bambino goffo e cresciutello che raramente alzava la voce.

Si sarebbe ricordato di quel giorno perché fu la sua prima vera caccia al tesoro, esplorazione libera di ferraglia di ogni genere, fuori dal controllo serrato di sua madre. Mentre la signora conversava a bassa voce con altre donne, i due, il bambino e l’uomo con il pallino per le invenzioni, spostarono pezzi sporchi di grasso e pentole di rame per arrivare a scovare, sul fondo di una cassetta di ferro blu, un pedale zigrinato di ferro che sembrava la bocca di una tigre. Dopo quel ritrovamento il triciclo tornò a funzionare cambiando suono, anziché fischiettare durante i trac trac delle pedalate faceva zip zip come la cerniera dei jeans, ma più forte.

Quel giorno imparò a parlare con quelli più grandi di lui e intuì che chi sta creando qualcosa con le mani è rapito.

A casa gli spiegarono che se inventi qualcosa di buono devi brevettarlo, così nessuno può rubarti l’idea, e che Giovanni Artusio aveva brevettato macchinari per sgranare il mais, per la ventilazione (pulitura) dei chicchi sgranati e per spazzolare le pesche e altri frutti.

Anche se non usò più il triciclo, perché ormai si sentiva troppo grande, quella giornata fu memorabile.

 

Da grande, nel museo, pensò che la nostalgia fosse l’unica cosa che non si può riparare. L’aspettativa che ogni invenzione meccanica del Novecento come la prima Vespa, il giradischi, la TV (che aveva comprato dai figli di Giovanni Artusio), la Polaroid… avevano acceso in lui, a partire dallo stupore conosciuto nella bottega del tulè, erano ormai mutate in memoria.

Da adulto, da studioso e visitatore di mille musei, il macchinario per ripulire le pesche gli parve spento, privato del ritmo dei rumori meccanici e degli occhi brillanti di Giovanni Artusio, ma gli sembrò anche finalmente comprensibile.

La macchina aveva due bocche. La prima serviva per ingoiare il frutto così com’è e accompagnarlo tra due rulli rotanti per il moto trasmesso dalla manovella attraverso alcuni ingranaggi. Le spazzole morbide raschiavano la pelle quel tanto che bastava. La seconda bocca mandava fuori il frutto pulito, senza bura (peluria). Quella che gli era parsa un’invenzione tanto fantasiosa quando geniale, in meno di cent’anni, era diventato un reperto museale.

 

Con quella verità sul funzionamento della macchina se ne tornò a casa pensando alla famiglia Artusio, a Giovanni con le tre sorelle, i quattro fratelli, i figli Felice e Mariuccia, che avevano il distributore di benzina e la vendita delle bombole del gas. Si ricordò che gli Artusio suonavano nella Banda di Monticello e che Giovanni fu a lungo il direttore.

Si chiese se la creatività fosse un acido desossiribonucleico oppure un’invenzione del cuore per rallegrare i paesi e le famiglie e senza risposta si addormentò.

 


 

Il macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche, brevettato da Giovanni Artusio, è esposto nel Museo Etnografico di Monticello d’Alba.

Nella storia di un macchinario per rimuovere la peluria dalle pesche, esposto nel Museo Etnografico di Monticello d’Alba, c’è la storia particolare di una famiglia del Roero, la storia generale del popolo degli inventori, gli italiani del Novecento e la storia universale della creatività.
PAROLE CHIAVE
LUOGO DELLA STORIA

DATA E LUOGO DEL RILEVAMENTO

R026, aprile 2021, Monticello d’Alba

Roero Coast to Coast

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